19 – Lo squilibrio demografico

Non c’è nulla che descrive di più uno Stato del suo indice demografico. Non è solo la sintesi fra aspettative, sviluppo culturale e benessere economico. Nasconde qualcosa di molto più importante e strategico: è l’indice scientifico della felicità.

Se in uno Stato non si fanno più figli non è solo perché le condizioni economiche e sociali non lo permettono, ma la questione è più profonda: è perché fra le persone e nelle famiglie diminuisce l’amore per la vita che fa accogliere le sfide per il futuro. Quando una comunità cresce diventa più solida e forte, quando diminuisce si sente aggredita, ha paura e guarda all’indietro.

La demografia è un fattore di impotenza: è la caratteristica che mostra lo squilibrio fra Occidente e il resto del mondo. I dati confermano che la natalità è un’arma a doppio taglio: mentre l’Asia resta sempre più un serbatoio di popolazione, con l’India che sta superando la Cina come numero di abitanti, il mondo occidentale ricco come l’Europa galleggia o diminuisce, e l’Africa sta aumentando sempre più soprattutto nel Sahel.

Se vogliamo fare la storia della demografia, tutti sono concordi che con la trasformazione industriale fra ‘700 e ‘900 che ha sostituito la forza lavoro umana con la meccanica, e con i progressi chimici e farmaceutici, la mortalità soprattutto infantile è diminuita e si è allungata la prospettiva di vita. Il grande aumento di popolazione che c’è oggi in Africa non è niente altro che la compensazione dell’ammanco che c’è stato in passato per il fenomeno della schiavitù.

In Occidente e nel nord del mondo constatiamo che dopo un certo livello di benessere non si fanno più figli. Questo perché da una parte si vuole mantenere le proprie famiglie a un livello sempre maggiore di soddisfazione economica, e dall’altro non si reputa più che un nuovo figlio, che sia il secondo o il terzo, possa dare un valore aggiunto al primo figlio e all’intera famiglia.

Siamo diventati più cinici e tristi che ci piaccia o no. Lo dimostra il fatto che ad esempio in Italia non sono solo le famiglie in difficoltà economica che fanno il primo figlio in età avanzata e non si azzardano con il secondo, ma anche nelle famiglie più ricche e con un tenore di vita molto alto il numero di figli resta comunque al minimo.

Se vogliamo analizzare solo l’Europa e l’Africa, anche in presenza di risorse maggiori come può esserci nel nord Europa, la crescita del numero di figli non è lì ma si concentra negli Stati a sud del Mediterraneo, da dove non caso arriva la maggiore carica di energia umana. Quindi il pessimismo è più nei popoli ricchi del nord, mentre la speranza è più nei popoli poveri e spesso oppressi del centro Africa.

Per questa insicurezza i popoli del nord del mondo si sentono minacciati da quelli del sud del mondo. Non a caso il fenomeno delle migrazioni non vengono considerati come inevitabili per motivi climatici, economici e per le guerre, ma da contrastare a tutti i costi. I dati invece ci confermano che avremo sempre più bisogno di persone giovani per compensare la nostra progressiva senilità.

A questo proposito vi suggerisco l’interessante libro “Accogliere” di Lucio Caracciolo e Andrea Riccardi.

In tempo di guerra l’accoglienza è tornata una parola chiave: non si tratta solo di migranti, di sfollati o di rifugiati politici, ma del fenomeno globale dell’immigrazione. Le scelte politiche inclusive, o respingenti, che ogni Stato o continente adotta, sono il corrispettivo di scelte individuali che determinano il nostro stare al mondo e la nostra visione del futuro.

Solo popoli giovani pensano a un futuro in modo positivo e ricco di prospettive, mentre i popoli vecchi si concentrano sugli aspetti economici come ad esempio le pensioni. Non si devono temere le trasformazioni, oppure esse ci travolgeranno.

Pensate alle vostre famiglie: quanti bambini di età sotto i 10 anni ci sono rispetto a tutto il nucleo familiare?

2 commenti a “19 – Lo squilibrio demografico

  1. Dobbiamo intervenire subito con politiche che supportino le giovani coppie che hanno figli, con bonus fiscali congrui e servizi efficienti come nidi e asili a prezzi moderati, seguendo come esempio paesi come la Francia. Abbiamo poi due questioni relative ai migranti, la prima che è l’abolizione della legge anacronistica Bossi/Fini con una nuova legge che possa attrarre forza lavoro e quindi nuovi cittadini da integrare nella nostra società. La seconda semplificare l’iter per avere la cittadinanza per i giovani stranieri nati in Italia e che hanno frequentato le nostre scuole, perché sono di fatto cittadini italiani e devono restare e vivere da italiani nel loro paese.

    1. Grazie Giorgio per questo tuo commento. In effetti si può agire e concordo con te per quello che proponi. Vedremo cosa decideranno i nostri governanti, ma molto dipende anche da il grado di fiducia dei giovani per il futuro dell’Italia. Grazie ancora e continua a seguirmi!

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