Erroneamente siamo portati a pensare che la storia del Nord America coincida con quella degli USA, calcolando la loro nascita già dalla scoperta di Cristoforo Colombo del 1492: in realtà gli Stati Uniti si fondarono il 4 luglio 1776 con la Dichiarazione d’Indipendenza che segnò il distacco delle prime 13 colonie britanniche dal Regno Unito. Quindi tutta la storia degli USA si è prodotta in soli 250 anni: davvero sorprendente per noi europei e ancor più italiani.
Si può dire che gli Stati Uniti furono la prima colonia americana a rivoltarsi contro le leggi coloniali nello specifico britanniche, e con l’aiuto della Francia divennero la prima nazione americana. Erano europei che dalla fine del ‘400 in 250 anni si sentirono sempre meno europei e sempre più sfruttati da loro, e vollero creare qualcosa di nuovo. Ma avevano anche qualcosa di più. Si distaccarono dalle guerre di religione e fra stati europei, quindi da una mentalità legata a confini e a famiglie reali, e pensarono a tutto quel territorio americano come la loro nuova terra di conquista, la loro patria.

Immaginate per un momento di avere a disposizione una terra senza confini, in cui i nativi come sappiamo non venivano neanche considerati: in funzione a questo gli americano continuavano a conquistare terre verso ovest e a spostare il confine sempre più in là, fino ad arrivare ai territori che conosciamo oggi. Voglio solo prendere come esempio l’Alaska, che insieme alle isole Hawaii spesso non viene neanche inserita nelle cartine statunitensi. Ebbene questa regione è stata venduta dalla Russia dello zar Alessandro II agli USA nel 1867 per 7,2 milioni di dollari, perché da lui considerati meno pericolosi dei vicini inglesi. Non è un caso che il primo incontro fra Putin e Trump dopo l’inizio della guerra in Ucraina si sia svolto proprio in Alaska il 15 agosto 2025: questo è il territorio di confine fra le 2 potenze.

La guerra civile americana fra il 12 aprile 1861 e il 23 giugno 1865 stabilì la vittoria di un modo di pensare delle regioni del nord rispetto a quelle del sud, in cui la schiavitù era solo il fulcro. Da allora gli americani si basano su alcuni fondamenti specifici che valgono ancora oggi: la libertà, l’individuo, l’imprenditorialità e uno Stato regolatore ma che non doveva troppo interferire sui cittadini e sulla loro “ricerca della felicità”, come recita la loro costituzione fin dalle prime righe. Questo è ancora il loro collante più profondo, che continuano a comunicare esternamente nella letteratura, nell’arte, nella musica e nei film, insomma in quello che in geopolitica viene definito soft power, perfino ora che le cose stanno cambiando.

Altro momento importantissimo fu il 1823 con la famosa Dottrina Monroe, esplicitata nella celebre frase dell’allora Presidente James Monroe che disse: ”l’America agli americani”. In pratica in politica estera gli americani dichiararono e quindi avvertirono che mai più gli europei e nello specifico i britannici, dovevano intromettersi con gli Stati Uniti e il loro “giardino di casa”, definendo brutalmente così il centro e il sud America.

Ne parleremo in seguito in modo più approfondito, ma è in parte sorprendente come oggi il governo Trump stia avendo come riferimento proprio quella Dottrina Monroe nella sua politica estera: oggi gli USA non si pensano più come la potenza regolatrice del mondo, ma delineano una “nuova” sfera d’influenza che coincide più o meno con il mondo definito “occidentale”, a partire proprio dalle Americhe.
Ultima tappa della loro storia è quando gli Stati Uniti si trovarono coinvolti con 2 guerre mondiali volute dagli europei. Dopo aver vinto, per evitare la terza guerra mondiale decisero di stabilire le loro basi soprattutto negli Stati sconfitti cioè Germania, Italia e Giappone. In questo periodo nasce la loro strategia nei confronti delle nazioni europee, della Russia e del mondo, e che ha effetti ancora oggi.
Cosa ti colpisce di più della storia degli USA?
