Parlare dell’Italia da un punto di vista geopolitico lo considero interessante e allo stesso tempo divertente: si, perché riflette esattamente quello che siamo noi italiani nel profondo.
Abbiamo in sintesi un atteggiamento perennemente ambivalente: ci posizioniamo su tutto un po’ da una parte e un po’ dall’altra, sempre più o meno equidistanti. Proprio per questo motivo visti da fuori sembriamo un popolo schizofrenico, e per alcuni versi lo siamo davvero: comunque restiamo un poco se non per nulla prevedibili, e quindi poco influenti.
Abbiamo poca strategia, ma per spiegare meglio il nostro atteggiamento geopolitico voglio prendere spunto dalla cinematografia. Ricordate quando nel dopoguerra siamo riusciti, grazie soprattutto all’influenza americana, a essere un’eccellenza del cinema, e che Cinecittà negli anni ’60 veniva chiamata “la Hollywood sul Tevere”? Beh, proprio in quegli anni uscirono alcuni film di Peppone e Don Camillo, visti da diverse generazioni. Questa coppia rifletteva non solo le lotte fra democristiani e comunisti, ma mostravano soprattutto a noi italiani, come nel nostro paese c’è sempre stato in fondo un ammiccamento reciproco, che ci ha permesso di andare avanti nei decenni, soprattutto nella prima repubblica.

Tutto questo non deriva solo dal fatto che siamo un popolo molto simile, ma molto diviso in tifoserie. In realtà esiste anche un motivo geopolitico derivante proprio dalla grande influenza nei millenni della Chiesa cattolica. Pensate che la stessa città di Roma è plasticamente divisa in due parti separate dal fiume Tevere: da una parte il Quirinale, ex sede della monarchia e ora della Presidenza della Repubblica, e sempre qui ci sono tutti i ministeri e le sedi del governo e del parlamento. Mentre a ovest del Tevere, oltre al ministero dell’istruzione, troviamo lo Stato del Vaticano e a due passi la Farnesina, il palazzo che ha sede il ministero degli esteri. Non può essere un caso, giusto? Effettivamente la chiesa di Roma, da sempre universale e che quindi difende tutti i popoli della terra da soprusi e dalle aggressioni, va “a braccetto” con le dichiarazioni dei diversi ministri degli esteri che nei decenni si sono susseguiti. Questo è il senso profondo del nostro modo di essere: schierati nel non schierarsi troppo. Discutiamo, ammicchiamo, e in politica estera usiamo spesso le stesse parole della Chiesa.
Ancora oggi, dopo gli anni di bipolarismo, litighiamo su tutto e al contempo non c’importa di nulla, e appena prendiamo una decisione la sera, già al mattino ci vengono i dubbi e ricominciamo la giostra. E se questo poteva andare bene in passato, oggi indica ambiguità, poca capacità di approfondimento e di analisi, e nessuna lungimiranza, a meno che non vogliamo diventare a tutti gli effetti un paese “neutralista”.
C’è da dire che dall’inizio della guerra in Ucraina e poi d’Israele, gli italiani hanno dimostrato una leggera preferenza verso la Russia e i palestinesi, ma di certo l’opinione pubblica non può interferire più di tanto sulle scelte del suo governo. L’Italia infatti resta sia un paese della Nato legata agli Stati Uniti, sia ancorata all’Europa: ma ultimamente ci stiamo muovendo in posizioni fin troppo ambigue, se non schizofreniche appunto.
E voi penserete che è tutto legato al fatto che ci piace discutere su tutto senza più trovare un accordo. Forse, ma se si pensa alla situazione internazionale di questi ultimi anni, la nostra politica estera sta in fondo solo riflettendo il movimento tellurico geopolitico mondiale, in cui il nostro piccolo paese deve barcamenarsi, con prudenza.
Ecco le cartine di Limes che mostrano la nuova situazione europea e del Mediterraneo, e le varie zone che caratterizzano il nostro territorio.



Infine guardate la propensione ad arruolarsi degli italiani, confrontata a quella degli europei e delle altre popolazioni mondiali.


Avete notato che i luoghi dove ci sono più conflitti corrispondono a dove abitano i popoli più disposti alle armi?